«Quando guardi in faccia in dolore, non puoi voltarti dall’altra parte». È la risposta che riceviamo da don Fabio Melucci quando gli chiediamo qual è stata la scintilla che lo ha portato a occuparsi dei giovanissimi in affanno, quei pre-adolescenti e adolescenti che le semplificazioni etichettano come “problematici”, ma il cui “problema” principale, l’origine del loro malessere, è una grande solitudine.

Due anni fa don Fabio è stato nominato coordinatore della pastorale giovanile vicariale di Como centro. In un anno, è nato il “LabOratorio dei Talenti” che, proprio in questi giorni, traccia un primo bilancio dell’attività, quasi fosse una pagella del primo quadrimestre.

Il LabOratorio è «un progetto diffuso su cinque oratori della città – spiega don Melucci –: San Bartolomeo, San Giuliano, San Giorgio, San Fedele e SS. Annunciata. Abbiamo coinvolto le scuole: gli istituti comprensivi statali di Como Centro, Como Lago e due paritarie, il Collegio Gallio e l’Istituto Canossiano, più altre realtà associative e sportive presenti sul territorio».

LabOratorio, al momento, «segue una settantina di ragazzini delle Medie inferiori, l’età di mezzo, bisognosa di interventi preventivi: il pranzo insieme, l’accompagnamento nello studio, la vicinanza relazionale, le proposte aggregative di vario tipo».

Alle famiglie è chiesto un piccolo contributo mensile, 40 euro, per coprire alcune spese vive.

Come è nato questo percorso?

«Quando sono arrivato – ci spiega don Fabio – ho cercato di capire quale fosse la realtà. Mi sono messo a camminare per le vie di Como con un taccuino per gli appunti. Ho visto che, una volta finita la scuola, tantissimi ragazzini, ne ho contati almeno 300, passano i loro pomeriggi “in strada”, nelle piazze, nei bar, ai giardini. Vivono in un’età in cui soffrono l’omologazione: ognuno di loro è unico: hanno bisogno di comunione e compagnia. Da soli sono tristi e sterili».

Mancano luoghi specifici per questa età che possano dare stimoli e futuro. Le famiglie sono sole. E vivono la frustrazione di non riuscire a seguire come vorrebbero i propri figli.

«Ho visto tanti bisogni – prosegue don Fabio – perché i nostri adolescenti, sempre più precocemente, mostrano forme di dipendenza: dal digitale a gioco, alcool, fumo (e viene da chiedersi, ma come fanno a procurarsi gratta e vinci, sigarette, bottiglie?). E poi la violenza, fra di loro, con il bullismo, e contro se stessi, con episodi di autolesionismo, ma anche anoressia e atarassia».

Un momento della presentazione avvenuta a Como

La situazione è così compromessa?

«La situazione è complessa ma non compromessa – ci risponde don Fabio –. Ci sono adulti appassionati, professori, dirigenti scolastici, giovani che hanno voglia di darsi da fare, di interrogarsi e di mettersi a servizio di questa sfida educativa». La sfida principale è quella di dare risposta alle ferite della solitudine di cui si parlava all’inizio. Perché «La solitudine uccide, la comunione salva», questo uno degli slogan motivazionali del progetto. Ricordando una frase cara a san Giovanni Bosco: «A ciascuno è affidato il compito di vegliare sulla solitudine dell’altro».

Come è organizzato il LabOratorio dei talenti?

«Abbiamo un educatore professionale che ci supporta nella parte organizzativa e di contenuto, e più di 100 volontari che si sono messi a disposizione con passione gratuita». Stare vicino ai ragazzi significa stare vicino alle famiglie, «che cercano solo una cosa: la felicità dei figli… quando vedi giovanissimi che non ce la fanno a essere felici, non puoi non metterti in discussione e fare qualcosa che completi e integri i nostri cammini tradizionali». Il talento «non è solo saper fare. Il talento è prima di tutto relazione – conclude don Fabio –: vogliamo alimentare una catena educativa perché i nostri giovanissimi sono in affanno, ma ci sono i grandi vuoti del mondo adulto».

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