Teologia queer, Bibbia queer che saranno mai? Queer come strano, devianza, diversità, marginalità, una sfida accademica… Questo il fil rouge di un incontro tenutosi a Milano nelle scorse settimane presso la Libreria Claudiana in cui sono intervenute la pastora valdese di Milano Daniela Di Carlo, appena rieletta, e Selene Zorzi, già benedettina ora docente di Teologia spirituale a Verona. Era il terzo incontro di una serie sui nuovi percorsi teologici organizzati dal Centro Culturale Protestante di Milano e dal Gruppo S.A.E. sempre di Milano. Daniela Di Carlo ha tracciato storia, contenuti e dinamiche di questa ricerca teologica “queer”, con i suoi riflessi culturali e sociali; a partire dalla stessa parola che ha in origine il significato di strano, poi declinata in varie maniere fino a diventare “suono della devianza”, come nella comunità LGBTQ+ o di coloro che sono ai margini del mondo.

La denominazione/riflessione è nata nel mondo protestante nordamericano sulla scia della teologia della liberazione; ha poi trovato una sistemizzazione con Marcella Althaus-Reid, attraverso una rilettura dei testi biblici, con spunti di libertà, a partire dalla realtà delle persone. La relatrice ha illustrato alcune caratteristiche attraverso molte slide dividendo il movimento teologico in due correnti; da una parte una per così dire più moderata, più attenta alla parte spirituale, con esegesi biblica storico-critica, (qui ha citato il rapporto affettivo forte tra Davide e Gionata, Rut e Noemi), sottolineando come taluni passi biblici rivelino un certo essere fuori norma, poco vicini al comune sentire che portano nella riflessione a superare omofobia, sessismo ecc. L’altra corrente è più radicale, punta ad una “rivoluzione culturale”, nella libertà da oppressioni e condizionamenti, nella continua ricerca di cambiamenti sociali. Entrambe le correnti, ha rilevato la Di Carlo, vivono tra diaspora e marginalità dalle comunità cristiane, nel rifiuto di un certo binarismo (anima- corpo, machi-femmine…) e nella inter-relazionalità ovvero nel cercare di superare etnie, classi sociali ed altri soggetti oppressi. Michela Murgia con “Ermeneutica queer catechismo femminista”, ne ha parlato.

Il movimento “ Non una di meno”, ha detto la pastora, ne ha una testimonianza. Selene Zorzi, invece, ha presentato una corposa opera editoriale a cura dei Dehoniani, cattolica casa, “Bibbia queer” con 32 brani biblici commentati da altrettanti teologi laici che fanno riferimento esclusivamente a Chiese evangeliche/protestanti come quella Episcopaliana e da alcuni rabbini/ e fuori schema: il tutto vuole essere segno della complessità dell’approccio al testo, con diverse sottolineature. Ha detto la relatrice che l’opera ha l’ambizione di arricchire la spiritualità umana, recuperando storie e personaggi “scandalosi o strani” come Lot, cercando di superare una lettura “patriarcale” e/o soggetta a sterotipi culturali legati al tempo di ieri e di oggi, come del resto – si è detto- è un po’ di tutte le religioni; due esempi di opposto livello sono i ruoli della donna e, più banalmente, il significato attribuito ai colori! Avviandosi alla conclusione la Zorzi ha evidenziato alcune possibili piste per le Chiese a fronte delle “provocazioni” dalla riflessione queer, pur minoritaria: lavorare per la dignità della donna e contro ogni forma di violenza e di discriminazione; coltivare una spiritualità più prossima alla realtà sociale delle persone, più vicina allo scandalo evangelico; fare una lettura più storica-culturale dei testi biblici, non limitandosi a quella testuale e spirituale, non tralasciando quelli più critici, non ci sono solo quelli “ edificanti”; infine, riscoprire storie e personaggi biblici talora trascurati, come le donne del Vecchio e del Nuovo Testamento o i diversi modi in cui Dio si fa presente nella storia umana, talora queer, che è sempre al di là della nostra comprensione e del nostro raccontare nell’arte, nella letteratura e così via!

ROBERTO RIGHI