Carlotta Bagnasco è una giovane di Blevio (Co), appartenente all’Azione Cattolica diocesana, che sta vivendo l’esperienza del servizio civile universale in Africa, più precisamente in Malawi, con l’ONG Amici dei Popoli. E’ tra i giovani a cui abbiamo chiesto di condividere la propria esperienza nelle interviste contenute nel sussidio di Quaresima “Guarderanno verso Colui che hanno trafitto” realizzato dal Centro missionario diocesano.

Ci racconti chi sei, dove vivi e come sei arrivata lì?
«Mi chiamo Carlotta, ho 25 anni e sono un’educatrice e una pedagogista. Sto svolgendo il servizio civile universale a Balaka, una città rurale nel sud del Malawi, grazie all’ONG Amici dei Popoli. Sono arrivata a luglio 2023, insieme ai miei colleghi Greta, Federico e Stefania, e tornerò in Italia a giugno 2024».

Quali sono le sfide più grandi che affronti nella tua vita quotidiana?
«Nel mio lavoro devo tener conto della carenza di risorse, della difficoltà di approvvigionamento di prodotti che in Italia sono facilmente reperibili e a volte di un po’ di disorganizzazione. L’aspetto più frustrante, però, è il rapporto con una parte – sottolineo una parte, non voglio generalizzare – del personale locale. Nei decenni, infatti, le modalità non sempre appropriate con cui gli europei si sono rapportati con i malawiani hanno generato dinamiche non semplici da scalfire: da una sorta di deferenza nei confronti di noi “bianchi”, per cui alcuni dicono di sì alle nostre proposte anche quando vorrebbero dire di no, salvo poi fare il contrario appena ci allontaniamo, a una concezione assistenzialista dell’impiego in una ONG come ammortizzatore sociale, fino all’abitudine di aspettare che arrivi qualcuno dall’ester(n)o a risolvere i problemi. Ciò non toglie, naturalmente, che ci siano molte persone motivate che si impegnano a fare al meglio il loro lavoro!»

Quali fatiche e quali segni di speranza che ti colpiscono guardando alla vita della gente?
«Le preoccupazioni che i miei conoscenti malawiani mi raccontano sono principalmente di natura economica: i salari bassi, la disoccupazione, l’aumento fuori controllo del costo della vita… Questi problemi sono accentuati dalla mancanza di servizi pubblici e dalla corruzione dilagante. Inoltre il Malawi, avendo un’economia basata sull’agricoltura, risente particolarmente del cambiamento climatico, che si manifesta nell’alternanza fra periodi di siccità e violentissime alluvioni, come il ciclone Freddy a marzo 2023. Sono segni di speranza, invece, la convivenza pacifica fra le diverse componenti etniche e religiose del Paese; la dedizione delle maestre delle nursery school, nonostante la scarsa considerazione sociale del loro ruolo; l’entusiasmo degli studenti, sempre pronti a mettersi in gioco; il clima di serenità che si respira nella casa famiglia; le iniziative utili al miglioramento delle condizioni di vita della comunità e alla salvaguardia dell’ambiente avviate con competenza e passione da persone locali…»

Questa esperienza in missione ha cambiato in qualche modo il tuo sguardo sul mondo?
«Nella mia esperienza, che definirei non come missione ma piuttosto come un primo passo nella cooperazione internazionale, ho modificato un po’ il mio immaginario sull’Africa. Il Malawi è composto dai villaggi rurali ma anche da alcune città, dalla savana ma anche dalle montagne, dai parchi nazionali e dal terzo lago più grande dell’Africa. È un Paese sicuro e questo mi consente, nel tempo libero, di esplorare le sue bellezze. Dal punto di vista sociale c’è una stratificazione che ho imparato man mano a riconoscere: oltre alle numerose persone che non riescono a soddisfare i propri bisogni primari, ce ne sono altre che godono di un buon tenore di vita e possono concedersi molti sfizi. E se è così variegato il Malawi, una sola nazione da 20 milioni di abitanti, figuriamoci l’intero continente! Una mia convinzione che avevo già e che qui si è rafforzata, invece, è quella del valore del welfare, e in particolare di un’istruzione e di una sanità pubbliche e di qualità. Vedendo cosa succede dove non ci sono, mi rendo conto ancor di più di quanto siano preziose».

LE ALTRE INTERVISTE

Jacopo Besseghini è un giovane di Grosio (So), volontario dell’Operazione Mato Grosso, che sta vivendo un’esperienza missionaria in America Latina, più precisamente in Perù.

Anselmo Fabiano è un giovane seminarista originario della Valmalenco. Dopo alcuni anni all’interno del seminario vescovile di Como ha scelto di prosegui re il suo cammino nella SMA (Società delle Missioni Africane). Attualmente sta vivendo la sua formazione in Benin.

Il seminarista Anselmo in Benin

Anais Verga è una giovane di Bregnano (Co), volontaria dell’Operazione Mato Grosso, che sta vivendo un’esperienza missionaria in America Latina, più precisamente in Perù, nella missione di Llamellìn.

Filippo de Rosa è un giovane di Cernobbio (Co), che fa parte del gruppo Legàmi e sta vivendo un’esperienza missionaria in Africa, più precisamente in Kenya, con la Comunità Papa Giovanni XXIII.

Diletta Galdini è una giovanissima che la scorsa estate ha vissuto un’esperienza missionaria visitando la Diocesi di Nacala e la parrocchia di Mirrote dove vive il Fidei donum don Filippo Macchi.

Enrica Valentini, comasca trapiantata a Roma, è una missionaria laica che ha vissuto una lunga esperienza in Sud Sudan dove è stata dal 2009 al 2017 prima a Wau e poi a Juba lavorando nel campo delle Radio cattoliche.