Pubblichiamo di seguito la rubrica “Oltre la cronaca” a firma di Marco Guggiari pubblicato sul numero 40 del Settimanale in uscita con la data del 26 ottobre.

Possono tredici ragazzi stranieri minorenni essere oggetto di rimpallo per tre giorni in una città di 80mila abitanti? È accaduto a Como con la vicenda dei giovani tunisini ed egiziani, irregolari e privi di documenti, rimasti per strada, infreddoliti, accanto al parcheggio della Santarella vicino alla Questura, in attesa che il Comune decidesse dove eventualmente ospitarli, fino a che sono stati presi in carico dalla Croce Rossa nel campo di prima accoglienza di Lipomo.

In precedenza, per la notte e per i pasti, ci hanno pensato il parroco di Rebbio, don Giusto Della Valle e la mensa di solidarietà di Casa Nazareth. E durante le ore di attesa sul marciapiedi sono stati accuditi dai volontari dell’associazione “Como Accoglie”.

La Questura ha identificato i ragazzi e ha svolto le pratiche di sua competenza. Il sindaco Alessandro Rapinese ha fatto sapere che il Comune capoluogo “è saturo”, avendo in carico già 347 minori non accompagnati e ha invitato gli altri municipi a fare la loro parte.

“Tutti i contenitori prima o poi si riempiono e tutti gli elastici prima o poi si spezzano”, ha aggiunto. Il primo cittadino ha inoltre lamentato che città vicine come Lecco e Varese devono far fronte a numeri infinitamente più bassi, che alcuni minori in realtà hanno un padre presente sul territorio a pochi chilometri di distanza, eppure vengono a Como. E, infine, che è strano siano “portati in mostra” davanti alla Questura.

Allusioni e accuse che, per peso e gravità, sarebbe meglio circostanziare con riferimenti specifici per ora non indicati.
La soluzione, alla fine, è stata trovata in accordo tra Prefettura, Questura e lo stesso Comune di Como.

Alcune sottolineature sembrano però opportune.
Nel traccheggiare, temporeggiare e rinviare, c’è chi – la parrocchia di Rebbio e gli altri volontari – si sono resi disponibili a risolvere i problemi immediati. È una ricchezza che non scopriamo oggi ed è una scelta di coerenza. È però lecito chiedersi se sia giusto e scontato che avvenga sempre così. Deve toccare tutto ai volontari, non “accompagnati” nemmeno loro…?

Interpellato sulla questione dei minori, don Giusto ha fatto riferimento, al centro di accoglienza di Tavernola, chiuso nel 2016 e in grado di ospitare trenta ragazzi. Varese ha seguito proprio questa strada, riaprendo una struttura di accoglienza non più attiva da due anni.

La diversa entità del fenomeno rispetto ad altre realtà vicine è probabilmente spiegabile con il fatto che Como è anche città di frontiera nel senso letterale della parola. È, per popolazione, fra i tre principali Comuni italiani di confine con altri Stati: nell’ordine, Trieste, Como e Gorizia. Gli stranieri, maggiorenni o meno, ne sono attirati anche perché spesso diretti altrove.

Ciò non toglie che l’accoglienza diffusa non limitata al solo capoluogo, ma estesa a tutta la provincia, sia una strada utile da percorrere. In proposito occorrono naturalmente disponibilità e aiuti concreti da parte di Regione e governo.

Le norme vigenti però stabiliscono che il Comune responsabile per la presa in carico sia quello del luogo presso il quale il minore si trova. Questi ragazzi non possono essere respinti e hanno diritto a essere identificati e collocati in strutture di prima accoglienza (Legge 47/2017). E si tratta di centri a loro dedicati, con standard di qualità di un certo tipo perché sono considerati vulnerabili e possono finire in circuiti di illegalità e sfruttamento.

Da ultimo alcuni numeri più generali. Al 31 luglio 2023 i minori non accompagnati in Italia erano 21.710. Per ognuno di loro la retta giornaliera riconosciuta dallo Stato dal primo gennaio 2023 è di 100 euro.