Sono passati trent’anni dall’uccisione di Gabriele Moreno Locatelli, il volontario comasco (nativo di Cagno), ucciso il 3 ottobre 1993 da un cecchino a Sarajevo. Non era la prima volta che Moreno visitava la città: pochi mesi prima, nell’agosto 1993, aveva partecipato all’iniziativa internazionale

“Mir Sada – Pace ora. Si vive una sola pace” nella città sotto assedio. Il 3 ottobre 1993 Moreno, assieme ad altri quattro compagni, prese parte all’azione simbolica sul ponte Vrbanja. Lo scopo era lasciare una corona di fiori nel luogo dove erano stati uccisi due civili, durante le manifestazioni per la pace del 5 aprile 1992. Le forze militari contrapposte erano state informate e invitate al cessate il fuoco. Invece sui cinque italiani vennnero esplose raffiche di mitra e Moreno venne colpito da un cecchino. Muore poche ore dopo. Aveva 34 anni.

Sul ponte Vrbanja in cui è stato ucciso oggi si è terrà una cerimonia a cui parteciperà anche l’Ambasciatore italiano Marco Di Ruzza, la vicesindaca di Sarajevo Grad – Anja Margetić, accanto ad altri volontari che con Moreno avevano operato a Sarajevo, familiari e amici arrivati da Canzo, cittadina lombarda dove Moreno è nato e cresciuto. Per la prima volta si ritrovano insieme anche Luigi Ceccato e Luca Berti, due dei quattro volontari che con Moreno avevano tentato di attraversarlo.

Qui un articolo dell’Osservatorio Balcani Caucaso in cui viene ricordato

Di seguito vi riproponiamo un ricordo scritto per il ventesimo anniversario della morte dal presidente di Beati Costruttori di Pace, don Albino Bizzotto.

Caro Gabriele Moreno, siamo ancora qui, a vent’anni esatti dal momento in cui sei stato colpito su questo ponte. Alcuni di noi non ti hanno conosciuto, hanno solo sentito parlare di te. Non è la tua morte violenta e non voluta che ci ha portati qui, ma la tua vita, per quello che nelle varie tappe della tua ricerca continua hai cercato di esprimere. Hai camminato tanto a piedi scalzi. Avevi imparato a incontrare le persone partendo dai piedi. Una solidarietà, la tua, che era da subito condivisione e camminare insieme. Era anche denuncia a fianco di tutti i senzascarpe, i meno dotati e meno fortunati nella vita. Eri particolarmente attento e tenero con i bambini più sfortunati. Tu sei stato ucciso; ma qui a Sarajevo – come per Tonino Bello e altri che qui in Bosnia hanno consegnato la vita – hai consumato la tua ricerca appassionata, il senso profondo del tuo esistere. La tua solidarietà era diretta, concreta, di persona, senza misura e senza esibizionismi. Si direbbe che eri l’antieroe per eccellenza. È  stato il tuo ultimo esporti per sapere della sorte degli altri amici che erano con te su questo ponte, a permettere di essere centrato dal cecchino che ha sparato. Il tuo ultimo grido lancinante, che si è unito a quello di tutti coloro che sono stati colpiti. L’urlo contro la guerra, la più grande ingiustizia contro le persone e i popoli; ma anche il grido di chi crede che non c’è una vita solo dopo la morte, ma una vita che viene espressa al sommo grado con la morte stessa. Su questo ponte stavi esprimendo la tua fedeltà agli amici, la solidarietà alla popolazione di Sarajevo tenuta in ostaggio dalla guerra. Non le parole, ma la tua persona e il tuo camminare, il trovarti su questo ponte dice quanto è stata profonda e diretta la ricerca e la determinazione per la pace. Piedi scalzi, condivisione, giustizia e pari dignità per le persone e per i popoli, impegno diretto a costo vita per la pace nella concretezza del quotidiano: non sono metafore, ma l’orizzonte che è aperto per ciascuno di noi. È quanto attende tutta l’Umanità, Terra compresa. Per questo, senza retorica, crediamo anche noi che in questo momento, “Gabriele Moreno vive”.